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Realizzo controllato precluso alle Opas: i limiti dell’interpretazione della norma fornita dall’Agenzia delle Entrate

 

È ormai risaputo che non sempre i pareri espressi dall’amministrazione finanziaria appaiono condivisibili, specialmente quando questi finiscono con il limitare l’applicazione di regimi agevolativi pensati dal legislatore appositamente per favorire operazioni, aventi finalità riorganizzative, che potrebbero rappresentare il punto di partenza per la ripresa o per la crescita economica dei soggetti coinvolti. Con la risposta a interpello n. 537 dello scorso 9 novembre, l’Agenzia delle Entrate si è espressa in merito all’applicazione del regime fiscale del realizzo controllato ex art. 177, co. 2 del Tuir nel caso di un conferimento di partecipazioni realizzato a seguito di un’offerta pubblica di acquisto e scambio (cd. Opas) promossa dall’istante. Nella fattispecie analizzata, la società conferitaria Alfa, chiedeva chiarimenti in merito alla normativa fiscale applicabile per la determinazione del reddito dei soggetti conferenti le azioni della società scambiata Beta, riferendo altresì che il corrispettivo dell’offerta sarebbe stato formato, oltre che da azioni di Alfa di nuova emissione, anche da un compenso in denaro rappresentativo del premio da garantire necessariamente ai conferenti al fine di incentivarli ad aderire all’offerta promossa. Ad interpretazione dell’istante, la previsione di una componente di corrispettivo in denaro, non sarebbe stata ostativa all’applicazione del regime del realizzo controllato di cui all’art. 177 co. 2 del Tuir, determinando così un valore di realizzo per ciascun conferente pari alla somma tra l’incremento della parte patrimoniale della conferitaria (per la componente del corrispettivo costituito dalle azioni di Alfa di nuova emissione) e il corrispettivo “cash” in aggiunta. Altresì l’istante chiariva che avrebbe iscritto le azioni di Beta conferitegli per un ammontare pari al costo sostenuto per la relativa acquisizione, rappresentato dalla sommatoria del fair value delle azioni di Alfa di nuova emissione e dell’intero importo del corrispettivo in denaro. In contropartita all’iscrizione delle partecipazioni nell’attivo dello stato patrimoniale, avrebbe incrementato il patrimonio netto per un ammontare pari al corrispettivo in azioni, al netto degli oneri correlati all’aumento di capitale, e registrato un’uscita di cassa pari al corrispettivo in denaro. Ebbene è proprio quest’ultimo punto ad essere stato determinante per la valutazione del caso di specie da parte dell’AdE che ha escluso la possibilità di ricondurre all’alveo dell’art.177, co.2 del Tuir, fattispecie, come quella rappresentata dall’istante, caratterizzate da uno scambio azionario mediante conferimento, al quale si aggiunge una componente di compravendita azionaria rappresentata da un corrispettivo in denaro ad integrazione delle azioni ricevute dal conferente. Pertanto, l’Agenzia ha concluso che il corrispettivo dei conferenti, da confrontare con il valore fiscalmente riconosciuto delle azioni conferite, ai fini della determinazione della plusvalenza o minusvalenza da conferimento, dovrà essere determinato secondo il valore normale delle azioni scambiate ai sensi dell’art. 9, co. 2 e 4, lett. a) del Tuir. La motivazione di tale esclusione sarebbe ravvisabile nel dato letterale della norma, la quale, riconosce quale unico parametro valutativo per la determinazione del reddito del conferente, l’aumento del patrimonio netto della conferitaria e, nella fattispecie, l’Amministrazione Finanziaria ritiene che non sia possibile valutare il corrispettivo dell’offerta sulla base del solo aumento del patrimonio netto della società Alfa poiché, in aggiunta alle azioni emesse è presente anche un corrispettivo in denaro che non trova corrispondenza nelle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria e che invece trova separata iscrizione fra le voci del passivo patrimoniale. Questa tesi solleva notevoli perplessità sotto diversi profili. In primo luogo essa finisce con il limitare fortemente i casi concreti suscettibili di beneficiare delle disposizioni ex art.177, co.2 che consentono la valutazione secondo il criterio del “realizzo controllato”, il quale, in determinati casi, può condurre anche alla neutralità fiscale dell’operazione di conferimento, incentivando il ricorso a tale metodo di riorganizzazione aziendale da parte degli operatori economici. È vero che la norma, rappresentando una deroga al criterio generale delineato dall’art. 9 del Tuir (cd. Valore normale), prevede due condizioni precise ai fini dell’applicazione del regime in commento per la determinazione del reddito del conferente, ossia che i soggetti conferenti debbano ricevere, a fronte dei conferimenti eseguiti, azioni o quote della conferitaria e che quest’ultima debba acquisire o incrementare il controllo della società scambiata, ma è pur vero che non ne prevede delle altre. Infatti, volendosi basare sul dato letterale della norma, è ravvisabile che, mentre al comma 1 del medesimo articolo, riguardante la permuta, il legislatore ha ben specificato la disciplina applicabile al caso in cui vi sia un conguaglio in denaro, ritenendo che questo debba concorrere a formare il reddito del percipiente, tale specificazione non è invece presente al comma 2 riguardante il conferimento di partecipazioni. Ebbene non ci si può non domandare quale sia il motivo per cui il legislatore non abbia ritenuto opportuno dettare maggiori condizioni necessarie all’applicazione del regime del realizzo controllato di cui al comma 2. Probabilmente la ratio del suo comportamento deve ravvisarsi nell’intenzione di rendere tali operazioni più flessibili e soggette a valutazioni che possono essere diverse di caso in caso, ossia certamente non classificabili a priori sulla base del solo dato letterale della norma. Inoltre, nella risposta a interpello in commento l’Agenzia delle Entrate non considera che l’effetto che può derivare da questa interpretazione è quello di vanificare completamente gli obiettivi prescritti dalla Legge Delega n.662/1996 che, con l’art.3, co. 161 auspicava un processo di armonizzazione della normativa interna con quella comunitaria prescritta dalla Direttiva n.90/434/CEE che perseguiva lo scopo di agevolare fiscalmente le operazioni di aggregazione aziendale che consentano ad un soggetto di acquisire o incrementare il controllo di un’altra società. La normativa comunitaria addirittura prevede, per questa tipologia di operazioni, un regime di neutralità piena, non contenuto invece nell’art. 177 del Tuir che, considera ancora tali operazioni realizzative, prevedendo la neutralità fiscale solo nel caso in cui l’aumento del patrimonio netto della conferitaria equivalga al valore fiscalmente riconosciuto, in capo al conferente, della partecipazione conferita. Seppure con maggiori limiti, il legislatore ha comunque iniziato un processo di armonizzazione alla disciplina comunitaria il cui fine è sicuramente quello di agevolare la riorganizzazione aziendale e la creazione di strutture solide in grado di far risollevare l’economia del Paese. L’Agenzia delle Entrate, precludendo il ricorso al realizzo controllato ex art.177, co.2 del Tuir, non sembra invece mirare allo stesso obiettivo, soprattutto se la chiusura è relativa a fattispecie come il caso rappresentato dall’istante in cui la componente di scambio è perfettamente scindibile e isolabile rispetto alla componente dell’operazione ascrivibile alla compravendita azionaria. Per questo motivo sarebbe stato auspicabile: tassare a valori effettivi soltanto la componente di compravendita dell’operazione (poiché è solo tale componente a determinare il realizzo effettivo di valori tassabili) e assoggettare al regime del realizzo controllato la sola parte dell’operazione costituita dallo scambio azionario, in funzione della corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla conferitaria. Probabilmente l’errore di valutazione può essere riconducibile alla mancata considerazione, da parte dell’AdE, del normale funzionamento dei mercati regolamentati in cui, l’aumento delle quotazioni è una conseguenza automatica del lancio di una OPAS per effetto della comunicazione dell’offerta stessa. Ancorare quindi la tassazione del conferente al maggiore fra il valore normale delle azioni ricevute in cambio dai conferenti e il valore normale delle azioni conferite significa finire con il tassare valori plus valenti legati ad una crescita delle quotazioni della società scambiata per intenti speculativi del momento. Questi plusvalori potrebbero essere già compresi nella parte del corrispettivo in denaro riconosciuto agli aderenti all’offerta, determinando l’assoggettamento ad imposizione non soltanto della quota di corrispettivo in denaro (componente reddituale effettivamente realizzata), ma anche del valore corrispondente all’incremento della quotazione che esprime il medesimo plusvalore, di fatto, non ancora monetizzato. Considerando il rischio di doppia imposizione del medesimo valore non ancora realizzato e che la presenza della componente monetaria aggiuntiva rappresenta il naturale corrispettivo dovuto in seguito all’Opas, si ritiene che questa potrebbe non determinare la fuoriuscita dal regime in parola, qualora l’entità della somma di denaro non sia tale da snaturare la genesi dell’operazione di scambio mediante conferimento riqualificandola in vendita. Peraltro, la neutralità fiscale eventualmente determinatasi non comporterebbe alcun salto d’imposta poiché, per effetto dell’iscrizione delle partecipazioni conferite ad un valore pari a quello fiscalmente riconosciuto in capo ai conferenti, si realizza una perfetta continuità di valori fiscalmente riconosciuti per i soggetti coinvolti, e la tassazione della plusvalenza è solo rinviata, restando latente. Si ritiene quindi che l’Agenzia delle Entrate avrebbe potuto tranquillamente chiudere un occhio ed andare oltre la mera interpretazione letterale dell’art. 177 del Tuir mettendo in primo piano le esigenze di riorganizzazione delle aziende attualmente operanti in mercati molto complessi e il sempre più necessario processo di armonizzazione della normativa.


Prof. Giancarlo Senese

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