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Lo scambio di partecipazioni con aggiunta di corrispettivo in denaro...

Lo scambio di partecipazioni con aggiunta di corrispettivo in denaro non accede al realizzo controllato


di Giancarlo Senese (*) e Aurora Renga (**)

 

Con la risposta ad interpello n. 537/2020 l’Agenzia delle entrate ha chiarito che, nell’ipotesi di scambio azionario mediante conferimento al quale si aggiunge un corrispettivo in denaro ad integrazione del corrispettivo in azioni, per la determinazione del reddito del conferente non si applica il regime fiscale del realizzo controllato di cui all’art. 177, comma 2, del T.U.I.R., ma la regola generale del valore normale di cui all’art. 9, commi 2 e 4, lett. a).


 

1. Premessa

Con la risposta ad interpello n. 537 del 9 novembre 2020, l’Agenzia delle entrate e` stata chiamata a esprimersi per la prima volta circa l’assoggettamento al regime di realizzo controllato di cui all’art. 177, comma 2, del T.U.I.R. a seguito di un’offerta pubblica di acquisto e scambio (c.d. OPAS). In tale occasione l’AdE ha inteso restringere l’ambito oggettivo di applicazione del regime ai soli scambi di partecipazioni che non prevedano corrispettivi in denaro, escludendo quindi tutte le fattispecie caratterizzate da scambi di partecipazioni mediante conferimento, cui si aggiunge una componente con corrispettivo in denaro per una compravendita azionaria. Da quanto emerge dall’analisi del parere dell’Amministrazione finanziaria, la semplice aggiunta di un corrispettivo in denaro al mero scambio azionario rende inoperante tale regime e la determinazione del reddito del conferente deve essere assoggettata alla disciplina del valore normale ex art. 9, commi 2 e 4, lett. a) del T.U.I.R. L’art. 177, comma 2 - a parere dell’Agenzia - escluderebbe l’applicazione di modelli di imposizione “ibridi”, che consentano l’utilizzo congiunto del regime di realizzo controllato, per la tassazione della parte di corrispettivo propria dello scambio, e la tassazione a valori effettivi, per la parte di corrispettivo in denaro ascrivibile alla componente propria dell’acquisto. Dunque, l’Agenzia, ancora una volta, ribadisce la propria tendenza a considerare utilizzabile detto regime soltanto in presenza dei soli requisiti previsti dal dettato letterale della norma, sebbene da cio` derivi la riduzione dei casi concreti suscettibili di beneficiare del realizzo controllato. L’effetto che ne deriva e` quello di vanificare gli obiettivi prescritti dalla Legge delega (Legge n. 662/1996, art. 3, comma 161) (1), che auspicava un processo di


 

(*) Dottore commercialista in Napoli e Roma, Studio Senese - Professore a contratto di Ragioneria professionale e Contabilita` e Bilancio Imprese Turistiche e Sportive - Universita` di Salerno. (**) Dottore commercialista in Napoli e Roma, Studio Senese - Dottore in ricerca in Diritto Tributario

 

armonizzazione della normativa domestica a quella comunitaria, prescritta dalla Direttiva 90/434/CEE per le operazioni di conferimento e di scambio di partecipazioni poste in essere tra soggetti residenti nel territorio dello Stato e soggetti residenti in altri Stati membri dell’Unione Europea. Lo scopo era quello di agevolare, dal punto di vista fiscale, le operazioni di aggregazione aziendale e che consentano ad un soggetto di acquisire o incrementare il controllo di una altra societa`, e recepita con D.Lgs. n. 544/1992. Vi e`, infatti, il rischio che in molti casi questa opportunita` debba cedere il passo al criterio del valore normale, suscettibile di determinare la tassazione di plusvalori, non soltanto latenti, ma che risulterebbero persino duplicati, perche´ gia` rappresentati dal corrispettivo in denaro, con la conseguenza di dar luogo ad una vera e propria doppia imposizione economica. Resta infine da comprendere se la soluzione prospettata dall’Agenzia sia da questa ritenuta applicabile anche ai casi in cui, allo scambio di partecipazioni mediante conferimento, sia associato un mero conguaglio in denaro, non rappresentativo di una componente di acquisto azionario, ma di una sola componente monetaria aggiuntiva riconosciuta al conferente per equilibrare concambi non perfetti.

2. Fattispecie in oggetto Nel caso analizzato dall’Agenzia delle entrate, la societa` Alfa (conferitaria) aveva promosso un’offerta pubblica di acquisto e scambio (c.d. OPAS) sulla totalita` delle azioni ordinarie di Beta (societa` scambiata), ove il corrispettivo dell’offerta sarebbe stato rappresentato, oltre che da azioni di Alfa di nuova emissione, anche da un corrispettivo in denaro per ciascuna azione di Beta portata in adesione. L’istante chiedeva percio` chiarimenti in merito alla normativa fiscale applicabile per la determinazione del reddito dei soggetti conferenti, ritenendo al riguardo che la previsione di una componente di corrispettivo in denaro non fosse ostativa all’applicazione del regime di realizzo controllato di cui all’art. 177, comma 2, del T.U.I.R. Pertanto, ad avviso dell’istante, il valore di realizzo per il conferente avrebbe dovuto determinarsi dalla somma tra: i) l’incremento della parte patrimoniale della conferitaria, per la componente del corrispettivo costituito dalle azioni di Alfa di nuova emissione ed ii) il corrispettivo cash in aggiunta. Altresı`, l’istante chiariva che: a) intendeva iscrivere le azioni di Beta che gli sarebbero state conferite per un ammontare pari al costo sostenuto per la relativa acquisizione, rappresentato dalla sommatoria del fair value delle azioni Alfa emesse al servizio dell’offerta (corrispettivo in azioni), e dell’intero importo del corrispettivo in denaro (2); b) in contropartita all’iscrizione delle partecipazioni conferitegli, avrebbe incrementato il patrimonio netto per un ammontare pari al corrispettivo in azioni al netto degli oneri correlati all’aumento di capitale, e registrato un’uscita di cassa pari al corrispettivo in denaro. Diverso e` stato invece il parere espresso dall’Agenzia delle entrate, che ha escluso che sia possibile ricondurre all’alveo dell’art. 177, comma 2, fattispecie caratterizzate da uno scambio azionario mediante conferimento al quale si aggiunge una componente di compravendita azionaria, rappresentata da un corrispettivo in denaro ad integrazione delle azioni ricevute dal conferente. Pertanto, l’Agenzia ha concluso che il corrispettivo dei conferenti, da confrontare con il valore fiscalmente riconosciuto delle azioni conferite, ai fini della determinazione della plusvalenza o minusvalenza da conferimento, dovra` essere determinato secondo il valore normale delle azioni scambiate ai sensi dell’art. 9, commi 2 e 4, lett. a) del T.U.I.R. e, percio`, sara` dato dalla sommatoria del corrispettivo in denaro e il maggiore tra: a) il valore normale delle azioni di Alfa ricevute in cambio dai conferenti, disattendendo la disposizione di cui all’art. 177, comma 2 T.U.I.R. (patrimonio netto della conferitaria); b) il valore normale delle azioni Beta conferite dagli aderenti all’OPAS (3). Prima di esaminare la ratio dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle entrate con la risposta in commento, si rende necessario analizzare la disciplina dettata dall’art. 177, comma 2. 3. Regime fiscale dello scambio di partecipazioni mediante conferimento L’art. 177, comma 2, del T.U.I.R. disciplina lo scambio di partecipazioni mediante conferimento, per effetto del quale la societa` conferitaria acquista, ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1, c.c. (4), ovvero incrementa, in virtu` di un obbligo statutario o di legge, il controllo della societa` le cui partecipazioni sono conferite. La ratio nella norma in commento e` riconducibile a quella della relativa disciplina comunitaria, prevista dalla Direttiva 90/434/CEE (5), e riguardante il regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi di azioni, concernenti societa` di Stati membri diversi. Infatti, lo scopo della Direttiva e` quello di favorire, traslando gli effetti realizzativi dal punto di vista fiscale, le operazioni aventi finalita` riorganizzative, che consentono ad un soggetto (la societa` conferitaria) di acquisire o incrementare il controllo di una altra societa` (target) (6). Tuttavia, mentre il regime comunitario di cui alla citata Direttiva ha previsto un regime di neutralita` piena, realizzato attraverso un meccanismo automatico di continuita` di valori fiscali in cui non rileva in alcun modo il comportamento contabile dei soggetti coinvolti, la disciplina prevista dall’art. 177, comma 2, non costituisce un regime di neutralita` fiscale, ma considera tali operazioni di conferimento realizzative, che pero` accedono ad un particolare criterio per la valutazione delle partecipazioni ricevute a fronte del conferimento ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente. In forza di detta disposizione, ai fini della determinazione del reddito del soggetto conferente (persona fisica o giuridica), il valore di realizzo delle partecipazioni conferite e` assunto in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla societa` conferitaria per effetto del conferimento (7). Dunque, la normativa nazionale prevede che il reddito del conferente dipendera` esclusivamente dal comportamento contabile adottato dalla societa` conferitaria (8). Ne consegue che la neutralita` fiscale sara` realizzata soltanto allorquando l’aumento del patrimonio netto della conferitaria equivalga al valore fiscalmente riconosciuto in capo al conferente della partecipazione conferita. Peraltro, la neutralita` fiscale eventualmente determinatasi non comporterebbe alcun salto d’imposta poiche´, per effetto dell’iscrizione delle partecipazioni conferite ad un valore pari a quello fiscalmente riconosciuto in capo ai conferenti, si realizza una perfetta continuita` di valori fiscalmente riconosciuti per i soggetti coinvolti, e la tassazione della plusvalenza e` solo rinviata, restando latente (9). Il suddetto regime di realizzo controllato, dunque, rappresenta una deroga (10) al criterio generale delineato dall’art. 9 del T.U.I.R. (c.d. valore normale), costituendo un’ipotesi specifica di determinazione del reddito del conferente, avente natura agevolativa e applicabile ex se in presenza dei due presupposti previsti dalla norma, ossia che: i) i soggetti conferenti devono ricevere, a fronte dei conferimenti eseguiti, azioni o quote della conferitaria; ii) la societa` conferitaria, mediante i conferimenti, deve acquisire, ovvero incrementare, il controllo della societa` scambiata.


4. Ratio dell’interpretazione resa dall’Agenzia delle entrate Alla luce del quadro normativo richiamato, l’Agenzia delle entrate ha quindi concluso che, nell’ipotesi di scambio azionario mediante conferimento, al quale si aggiunge un corrispettivo in denaro ad integrazione del corrispettivo in azioni, per la determinazione del reddito del conferente non si applica il regime fiscale del realizzo controllato, ma la regola generale del valore normale di cui all’art. 9, commi 2 e 4, lett. a) del T.U.I.R. L’Agenzia rileva infatti che la fattispecie sottoposta alla propria attenzione non integri un mero scambio di partecipazioni mediante conferimento, ma configuri un’operazione di conferimento realizzativa a cui si aggiunge una componente di compravendita azionaria ancora piu` realizzativa. Pertanto, motiva l’esclusione in funzione del dato letterale della norma, la quale, per la determinazione del reddito del conferente, farebbe riferimento esclusivamente al parametro valutativo dell’incremento del patrimonio netto realizzato dalla conferitaria, ritenendo quindi che non siano riconducibili nell’alveo della disciplina le fattispecie caratterizzate da uno scambio azionario mediante conferimento al quale, oltre all’incremento del patrimonio netto, accede anche un corrispettivo in denaro ad integrazione delle azioni ricevute dal conferente. In altri termini ritiene che, in siffatte circostanze, non sia possibile valutare il corrispettivo dell’offerta sulla base del solo aumento del patrimonio netto della conferitaria, riconosciuto dalla norma quale unico parametro valutativo del corrispettivo del conferente. Cio` perche´, in aggiunta alle azioni emesse a servizio del conferimento, e` presente anche un corrispettivo in denaro che non trova corrispondenza nelle voci di patrimonio netto formato dalla societa` conferitaria, che invece trova separata iscrizione fra le voci del passivo patrimoniale. Osserva inoltre che, se si ritenesse valida l’interpretazione auspicata dall’istante, vi sarebbe il rischio di ricondurre nell’ambito di applicazione della disciplina del realizzo controllato anche quei conferimenti naturalmente esclusi perche´ minusvalenti (11), in quanto, pur essendo caratterizzati da un aumento di patrimonio inferiore al valore fiscale delle azioni conferite, potrebbero essere potenzialmente suscettibili di divenire plusvalenti per effetto dell’aggiunta di un corrispettivo in denaro. 5. Osservazioni conclusive sugli effetti “restrittivi” dell’interpretazione resa dall’Agenzia e questioni aperte A ben vedere, la risposta al quesito offerta dall’Agenzia limita fortemente i casi concreti suscettibili di beneficiare delle disposizioni ex art. 177, comma 2 e, per il quale, a determinate condizioni (realizzo controllato), vi sarebbe anche la neutralita` fiscale dell’operazione di conferimento. Di fatto, la disciplina in esame troverebbe applicazione nelle sole operazioni caratterizzate da meri scambi di partecipazione, escludendo del tutto le ipotesi in cui alla componente di scambio si aggiunga una componente di compravendita. Sul punto si potrebbe obiettare che l’eccessiva chiusura interpretativa della norma in commento vanifica del tutto gli obiettivi prescritti dalla Direttiva 90/434/CEE e dalla Legge delega n. 662/1996, di agevolare, dal punto di vista fiscale, le operazioni aventi finalita` riorganizzative, rendendole meno attrattive o addirittura non realizzabili. Del resto, la tassazione in capo al conferente dei conferimenti in natura prevista dall’art. 9 del T.U.I.R. risponde, nell’ordinamento italiano, ad una mera scelta di politica tributaria (12), di cui si trova conferma nel fatto che gli sviluppi legislativi in materia sono stati orientati verso un’attenuazione della rilevanza impositiva attribuita alle plusvalenze da conferimento, allorquando gli apporti si sostanzino in operazioni di riorganizzazione societaria aventi effetti economici di concentrazione similari a quelli proprie delle fusioni, favorendo lo sviluppo delle attivita` economiche. Tale ottica ha infatti indotto il legislatore ad adottare, nel 1997, il provvedimento di riforma delle disposizioni tributarie applicabili ai processi di riorganizzazione delle attivita` produttive posti in essere anche attraverso operazioni di conferimento (13), e ancor prima, sotto l’impulso del legislatore comunitario, aveva adottato, nel 1992, il D.Lgs. n. 544/1992 che regolava i conferimenti transfrontalieri. Occorre quindi prendere atto del fatto che, con l’attuale art. 177, comma 2, del T.U.I.R., sulla scorta dei provvedimenti normativi ora citati, il legislatore si e` indirizzato all’attenuazione del prelievo sulle operazioni di conferimento, spingendosi finanche a riconoscere la neutralita` fiscale indotta a mezzo del regime del realizzo controllato. Dunque, la chiusura interpretativa manifestata dall’Agenzia delle entrate vanifica il perseguimento degli obiettivi legislativi sottostanti la normativa in oggetto, e cio` e` evidente se si pensa che, in ipotesi come quelle rappresentate dall’istante, la componente dello scambio e` perfettamente scindibile e isolabile rispetto alla componente dell’operazione ascrivibile alla compravendita azionaria. Per cui sarebbe stato auspicabile, come chiesto dall’istante: a) tassare a valori effettivi soltanto la componente di compravendita dell’operazione, poiche´ e` solo tale componente a determinare il realizzo effettivo di valori tassabili; b) assoggettare al regime di cui all’art. 177, comma 2, T.U.I.R. la sola parte dell’operazione costituita dallo scambio azionario, in funzione della corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla conferitaria. Del resto non puo` sottacersi che, nelle ipotesi del solo scambio di partecipazioni, anche in mancanza di valori contabili controllati, i valori restino effettivamente ancora latenti, potendoli ritenere realizzati soltanto all’atto dell'eventuale e futura cessione delle azioni (di Alfa) ottenute in corrispettivo del conferimento per effettiva mancanza di monetizzazione dell’operazione. Si osserva altresı` che la determinazione del corrispettivo del conferente a valori normali e` suscettibile di determinare, non soltanto la tassazione di plusvalori latenti, ma anche un aggravio dell’imposizione, per effetto della tassazione di plusvalori gia` rappresentati dal corrispettivo in denaro, con la conseguenza di dar luogo ad una vera e propria doppia imposizione economica. Invero, la pratica finanziaria insegna che, nei mercati regolamentati, per effetto del lancio di offerte pubbliche di acquisto (e/o scambio), le quotazioni delle societa` scambiate tendono ad incrementarsi per effetto della comunicazione dell’offerta. L’aumento delle quotazioni e` infatti una conseguenza automatica, vuoi perche´ il management della societa` bersaglio puo` procedere al rastrellamento delle azioni proprie al fine di contrastare il passaggio del controllo, vuoi perche´ semplicemente aumenta l’interesse speculativo del titolo, il cui acquisto diviene finalizzato alla successiva cessione in sede di adesione all’offerta, allo scopo di lucrare in relazione al prezzo dell’offerta stessa. Ancorare quindi la tassazione del conferente al maggiore fra il valore normale delle azioni ricevute in cambio dai conferenti e il valore normale delle azioni conferite significa, con probabilita`, finire con il tassare valori plusvalenti spesso legati alla crescita delle quotazioni della societa` scambiata, cioe` collegati ad intenti speculativi del momento. Plusvalori questi espressi dall’incremento della quotazione di borsa che, di fatto, possono essere ricompresi gia` nella parte del corrispettivo in denaro riconosciuta agli aderenti l’offerta. In buona sostanza, il conferente vedrebbe assoggettarsi ad imposizione non soltanto la quota di corrispettivo in denaro, che e` la componente reddituale effettivamente realizzata, ma anche il valore corrispondente all’incremento della quotazione, che altro non e` che l’espressione del medesimo plusvalore e che, di fatto, non monetizza. Conseguirebbe una vera e propria doppia imposizione economica su di un aspetto effettivamente non realizzato. In conclusione, sul punto, si auspica che l’Agenzia delle entrate possa riconsiderare l’interpretazione resa in tale sede e semmai ritenerla applicabile alle sole fattispecie ove la componente dell’acquisto, rappresentata dal corrispettivo in denaro, sia prevalente rispetto alla componente dello scambio. Resta infine da comprendere se la soluzione prospettata dall’Agenzia sia da questa ritenuta applicabile anche ai casi in cui allo scambio di partecipazioni mediante conferimento sia associato un mero conguaglio, non rappresentativo di una componente di acquisto azionario, ma di una sola componente aggiuntiva in denaro riconosciuta al conferente per equilibrare concambi non perfetti. Invero, seguendo alla lettera la ratio interpretativa erariale, anche la presenza di un mero conguaglio in denaro dovrebbe precludere l’utilizzo del realizzo controllato perche´ escluso dalla lettera della norma. Sul punto si ritiene che la presenza di tale componente monetaria aggiuntiva non determini la fuoriuscita dal regime in parola, qualora l’entita` della somma di denaro non sia tale da snaturare la genesi dell’operazione di scambio mediante conferimento riqualificandola in vendita. Sebbene infatti il legislatore non abbia contemplato che lo scambio di partecipazioni mediante conferimento preveda anche un conguaglio in denaro, come invece espressamente previsto per le permute di partecipazioni di cui al comma 1 dell’art. 177, e` da ritenersi che la mancata specificazione sia riconducibile alla volonta` di rendere non tassabili tali componenti aggiuntive nelle operazioni riorganizzative che determinano il rafforzamento del patrimonio netto dell’impresa, mediante l’acquisto o l’integrazione del controllo della societa` scambiata. Incremento patrimoniale che, invece, non e` riscontrabile nelle operazioni di permuta di partecipazioni disciplinate al comma 1 della norma (14). Anche per tale motivo sarebbe utile un intervento chiarificatore da parte dell’Agenzia delle entrate che delinei i requisiti oggettivi di applicazione della norma in commento, auspicabilmente nell’ottica degli obiettivi perseguiti dalla disciplina comunitaria corrispondente.


 

NOTE

(1) Si segnala che il processo di armonizzazione della disciplina nazionale a quella comunitaria e` stato voluto dalla Legge 23 dicembre 1996, n. 662, che all’art. 3, comma 161, lett. b), stabiliva che “Il Governo e` delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu` Decreti legislativi aventi per oggetto la modifica organica e sistematica delle disposizioni delle imposte sui redditi applicabili ai processi di riorganizzazione delle attivita` produttive, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: [...]; b) armonizzazione del regime tributario delle operazioni di conferimento di aziende o di complessi aziendali e di quelle di scambio di partecipazioni con il regime previsto dal Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 544, per le operazioni poste in essere tra soggetti residenti nel territorio dello Stato e soggetti residenti in altri Stati membri dell’Unione Europea; [...]”. In dottrina, G. Corasaniti, “Gli scambi di partecipazione e i Principi contabili internazionali”, in Dir. prat. trib., n. 2/2010, pag. 10289.


(2) L’istante precisa inoltre che, per la determinazione del fair value delle azioni di Alfa emesse, trattandosi di azioni quotate, avrebbe assunto la quotazione di borsa del giorno di trattazione immediatamente antecedente la data di perfezionamento dell’operazione.


(3) Con la risposta in commento, l’Agenzia chiarisce inoltre che il valore fiscalmente riconosciuto delle azioni di Beta conferite, da rilevare in capo alla societa` conferitaria, sara` pari alla somma del corrispettivo in denaro e del maggiore tra i valori sub a) e b), non assumendo rilevanza il valore d’iscrizione delle azioni Beta nella contabilita` della stessa.


(4) E` necessario che i soggetti che pongono in essere l’operazione acquisiscano o integrino il controllo “di diritto” sulla societa` scambiata ai sensi dell’art. 2359, comma 1, n. 1, c.c., il quale dispone che “sono considerate societa` controllate: 1) le societa` in cui un’altra societa` dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria” (C.M. 19 dicembre 1997, n. 320/E). La norma annovera tutte le ipotesi di acquisizione del controllo di diritto, compresi i conferimenti di partecipazioni, di per se´ non classificabili come di controllo (in tal senso circolare Assonime 5 agosto 2010, n. 27; risposta ad interpello n. 30/2018; in dottrina: G. Andreani - A. Tubelli, “Chiarimenti dell’Assonime sullo scambio di partecipazioni mediante conferimento”, in Corr. Trib., n. 37/2010, pag. 3031; A. Garcea, “La scissione delle holding e l’abuso del diritto”, ivi, n. 44/2018, pag. 3386). Il regime in argomento puo` essere applicato sia in operazioni di scambio che attuano un’aggregazione di imprese tra soggetti terzi, sia in quelle realizzate all’interno dello stesso gruppo per modificare la compagine societaria (circolare n. 33/E/2010; risoluzione n. 40/E/2018). In merito al possesso di azioni proprie, considerato che i voti sospesi ad esse riferibili sono da conteggiarsi nel quorum deliberativo per le societa` non quotate, le medesime non devono essere scomputate dal denominatore del rapporto rilevante ai fini del calcolo della soglia di “controllo di diritto” (risposta interpello n. 135/2020, in dottrina R. Michelutti - M. Babele, “La rilevanza delle azioni proprie ai fini del requisito del controllo nell’ambito del T.U.I.R.”, in Corr. Trib., n. 11/2020, pag. 975; R. Damasi, “Regime di realizzo controllato: arriva il sı` per l’applicabilita` in presenza di azioni proprie”, in il fisco, n. 30/2020, pag. 2933).


(5) La Direttiva 90/434/CEE indicava agli Stati membri di recepire nei rispettivi ordinamenti disposizioni concernenti un regime fiscale comune in materia fusioni, scissioni, conferimenti d’attivo e scambi di azioni, realizzate tra societa` di Stati membri diversi, volte a ridurre per tali operazioni le restrizioni, gli svantaggi e le distorsioni, derivanti dalle disposizioni fiscali autonomamente adottate dai singoli Stati membri. In particolare, la Direttiva prescriveva per queste operazioni l’adozione di regole fiscali neutre, ossia che evitassero qualsiasi tipologia di imposizione a carico dei soggetti coinvolti nell’operazione, prevedendo all’art. 8 espressamente che “l’assegnazione, in occasione di una fusione, scissione, o scambio di azioni, di titoli rappresentativi del capitale sociale della societa` beneficiaria o acquirente ad un socio della societa` conferente o acquistata, in cambio di titoli rappresentativi del capitale sociale di quest’ultima societa`, non deve di per se stessa comportare alcuna imposizione sul reddito, gli utili o le plusvalenze di questo socio”. (6) La disciplina comunitaria prevista dalla Direttiva 90/434/CEE, relativa al regime fiscale comune da applicare alle fusioni, alle scissioni, ai conferimenti d’attivo ed agli scambi d’azioni concernenti societa` di Stati membri diversi, e` stata per la prima volta recepita nel nostro ordinamento dal D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 544, che disciplinava operazioni di conferimento e quelle di scambio di partecipazioni, poste in essere tra soggetti residenti nel territorio dello Stato e soggetti residenti in altri Stati membri dell’Unione Europea. Il processo di armonizzazione della disciplina nazionale a quella comunitaria e` stato invece voluto dalla Legge n. 662/1996, ove, all’art. 3, comma 161, lett. b), si legge che “il Governo e` delegato ad emanare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu` Decreti legislativi aventi per oggetto la modifica organica e sistematica delle disposizioni delle imposte sui redditi applicabili ai processi di riorganizzazione delle attivita` produttive, con l’osservanza dei seguenti principi e criteri direttivi: [...]; b) armonizzazione del regime tributario delle operazioni di conferimento di aziende o di complessi aziendali e di quelle di scambio di partecipazioni con il regime previsto dal Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 544, per le operazioni poste in essere tra soggetti residenti nel territorio dello Stato e soggetti residenti in altri Stati membri dell’Unione Europea; [...]”. In attuazione della delega fu emanato il D.Lgs. 8 ottobre 1997, n. 358, che all’art. 5 disciplinava gli scambi di partecipazioni. L’abrogazione del citato art. 5 del D.Lgs. n. 358/1997 e` avvenuta ad opera del D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344, per poi essere riprodotta nell’attuale art. 177, comma 2, del T.U.I.R. (7) L’incremento del patrimonio netto della conferitaria contabilmente e` rappresentato dal valore nominale delle nuove azioni o quote emesse a fronte del conferimento, eventualmente aumentato dell’ammontare imputato alla riserva sovrapprezzo azioni o quote, a sua volta rappresentato dalla differenza tra il valore attribuito in bilancio alle partecipazioni conferite e il valore nominale del capitale sociale costituito per effetto del conferimento. (8) La Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 358/1997 chiariva che la scelta di ancorare il valore di realizzo delle partecipazioni conferite in base alla corrispondente quota delle voci di patrimonio netto formato dalla societa` conferitaria per effetto del conferimento e` derivata sostanzialmente dalla constatazione delle difficolta` nello stabilire la continuita` dei costi tra il conferente e il conferitario. (9) In tal senso, G. Committeri - G. Scifoni, “Il regime di neutralita` indotta nello scambio di partecipazioni mediante conferimento”, in Corr. Trib., n. 30/2010, pag. 2463; G. Albano, “Definiti i confini applicativi ed elusivi dello scambio di partecipazioni mediante conferimento”, in il fisco, n. 26/2019, pag. 2518. (10) Cfr. circolare n. 33/E/2010; principio di diritto n. 10 del 28 luglio 2020. (11) Il principio di diritto n. 10 del 28 luglio 2020 chiarisce che il criterio di valutazione previsto dall’art. 177, comma 2, trova applicazione solo se dal confronto tra il costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione conferita e la frazione di incremento di patrimonio netto della societa` conferitaria emerge una plusvalenza in capo al soggetto conferente. In caso di minusvalenze, invece, trova applicazione il principio generale del “valore normale” ed e` lecito ritenere realizzate e fiscalmente riconosciute solo le minusvalenze determinate ai sensi dell’art. 9 del T.U.I.R. Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, l’applicazione del criterio di valutazione di cui al citato art. 177, comma 2, solo alle plusvalenze trova fondamento nella relazione illustrativa all’art. 5 del D.Lgs. n. 358/1997 (trasfuso nell’attuale art. 177 del T.U.I.R.), che fa espresso riferimento alla "determinazione della plusvalenza” ed appare coerente, a livello sistematico, con l’esigenza di ammettere la deduzione delle (eventuali) minusvalenze da conferimento solo in presenza di un “valore normale” delle partecipazioni nella societa` “scambiata” inferiore al rispettivo valore fiscale (ossia, solo nel caso in cui le partecipazioni conferite siano effettivamente minusvalenti). (12) Sul punto si rinvia a R. Lupi, “Conferimenti in natura senza regole, tra salti d’imposta e doppie imposizioni”, in Rass. trib., 1995, pag. 1228, ove l’Autore rileva che nella natura dell’operazione di conferimento e` difficile trovare ragioni convincenti per un prelievo d’imposta in capo alla conferente, e che la scelta del legislatore del T.U.I.R. sia allora da ascrivere alla necessita` di “chiudere il sistema” evitando in questo modo salti d’imposta, e che solo la simmetria tra il valore fiscalmente riconosciuto in capo alla societa` conferente e quello riconosciuto in capo alla societa` conferitaria avrebbe evitato un simile rischio. Tuttavia, Lupi argomenta che la riferita simmetria e` stata perseguita in modo troppo rigido dal legislatore, che, con l’art. 9 del T.U.I.R., ha svincolato l’imposizione sulla conferente dalla iscrizione di maggiori valori da parte della conferitaria; cio` ha comportato la tassazione in capo al conferente anche in assenza di rivalutazioni dell’apporto da parte della conferitaria. Cio` avrebbe prodotto la conseguenza di anticipare l’imposizione di plusvalenze di fatto latenti all’atto del conferimento, interferendo pesantemente sui processi di riorganizzazione aziendale. Per una visione d’insieme delle principali opinioni formatesi in seno alla dottrina tributaria aventi ad oggetto l’imposizione reddituale sui conferimenti in societa`, cfr. P.L. Cardella, “Il conferimento in societa` nel sistema di imposizione sul reddito”, in Rass. trib., 2002, pag. 261. (13) Si fa riferimento al D.Lgs. n. 358/1997, che costituisce il risultato dell’esercizio della delega concessa al Governo con Legge n. 662/1996, art. 3, comma 161. (14) La Relazione illustrativa al D.Lgs. n. 358/1997, che ha disciplinato lo scambio di partecipazioni in attuazione della Legge delega n. 662/1996, art. 3, comma 161, chiarisce la scelta legislativa di disciplinare separatamente lo scambio di partecipazioni mediante permuta e quello invece mediante conferimento, precisando al riguardo che “anche se la permuta ed il conferimento possono sembrare simili, si tratta di due forme diverse i cui elementi caratteristici e differenziale si rintracciano, rispettivamente, nelle parti del Codice civile che regolano il contratto di permuta e il contratto di societa` (che prevede il conferimento di beni e servizi)”.

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